I dati e la mappa degli annunci su Airbnb a Roma, pubblicati con Inside Airbnb
aprile 2017- 14 giugno per DinamoPress
A Roma ci sono 24.666 annunci su Airbnb di stanze e appartamenti in affitto a turisti. Più della metà degli annunci, il 59,7%, è per interi appartamenti, di cui la metà si trova nel primo municipio. Il 39,6% è per stanze e lo 0,8% per stanze condivise. A Roma gli alloggi sono affittati per una media di 72 notti l’anno, al prezzo medio di 88 euro a notte, e generano un reddito medio mensile di 463 euro. Il 60,7% degli annunci a Roma è costituito da multiple listings, molteplici annunci di singoli utenti. Si tratta di case in cui per più di sei mesi l’anno non abita stabilmente nessuno. Negli ultimi sei mesi il numero di annunci è cresciuto, i prezzi sono aumentati, ma sono diminuite le notti di affitto ed è diminuito il reddito generato da Airbnb. Non è un reddito “extra” e non beneficia zone alternative a quelle toccate dal turismo di massa. E’ la fotografia della città in affitto su Airbnb, scattata il 7 marzo 2017 da Inside Airbnb.
L’Italia è al quarto posto per numero di annunci di alloggi turistici su Airbnb, la piattaforma da 31 miliardi di dollari che intermedia domanda e offerta privata di ospitalità, trattenendo una commissione di servizio che varia dal 6 al 12% sulle transazioni.
Airbnb non fornisce dati pubblici e il sito non consente la visualizzazione completa degli annunci. Per questo Murray Cox ha fondato Inside Airbnb, un progetto che mappa la presenza di Airbnb nelle principali città del mondo, prelevando i dati direttamente dal database del sito della multinazionale. Adding data to the debate è il suo claim: fornire dati utili al dibattito e all’analisi dell’impatto di Airbnb sulla città.
La mappa di Inside Airbnb a Roma mostra che quasi la metà degli annunci, 11.868 alloggi, si trova nel I municipio. Qui il 7 marzo gli interi appartamenti erano 7.639; sono occupati mediamente per 104 notti l’anno, al prezzo medio di 121 euro a notte, e generano un reddito mensile stimato di 884,00 euro. Nel I municipio il 71,2% degli annunci è costituito da multiple listings: sono 4.931 gli appartamenti di utenti con più di un annuncio su Airbnb. Federico, che ama fare sport, guardare film e viaggiare e ha 42 case in affitto in centro, o Tom, con le sue 26 di case tra Campo dè Fiori e Piazza Navona, o Emiliano e Maria, che ne gestiscono 106, sono agenzie e professionisti, gestori e proprietari di molti alloggi, vuoti.
Airbnb ha dichiarato che “gli affitti a breve termine per turisti in Italia contribuiscono al benessere economico locale, fornendo agli host del luogo un reddito supplementare importante per far quadrare i conti e supportando le imprese locali che generalmente traggono minor beneficio dal turismo.”
La mappa di Inside Airbnb racconta una storia diversa. Il rione di Trastevere e la zona di Campo dè Fiori sono una macchia di punti rossi, gli annunci di appartamenti interi, che disegnano i contorni del Tevere. Il I municipio registra infatti la più alta densità di annunci. Seguono, in ordine decrescente, i municipi VII, II, XIII e XII, con più di 1000 annunci ognuno, concentrati nell’area di San Giovanni in Laterano, intorno alla stazione Termini nel quartiere un tempo popolare di San Lorenzo, a ridosso di Città del Vaticano e di San Pietro, e nella parte più centrale di Monte Verde. Gli annunci Airbnb si concentrano insomma nelle zone più turistiche, centrali e benestanti della città.
Fuori dal centro aumentano i punti verdi, gli annunci per stanze, e inizia la pe
riferia, che in questa mappa al rovescio appare come una grande distesa vuota. Il V municipio, il Prenestino, arriva a quota 1.001 annunci, i municipi VIII, XIV, XV, e XI hanno tra i 500 e 1000 annunci, tutti gli altri municipi ne hanno meno di 500. L’offerta di appartamenti interi supera quella di stanze quasi ovunque. E’ interessante notare che la percentuale di multiple listings supera il 50% negli stessi municipi con la più alta percentuale di annunci, a indicare che spesso non si tratta di un reddito “extra”.
Non sembra esserci una correlazione tra il numero di annunci e il reddito personale imponibile medio per municipio (analisi dei dati fiscali 2014), ad esclusione dei municipi che costituisco gli estremi della forbice di disuguaglianza, i primi due municipi e il VI. Il confronto con l’indice del disagio sociale evidenzia infatti come in quelli più ricchi, dove l’indice di disagio sociale registra i valori minimi, l’offerta di case in affitto breve su Airbnb è maggiore. Nel municipio più povero, il VI Municipio, dove –caso unico a Roma- l’indice di disagio sociale è talmente alto da superare la media nazionale, le case in affitto su Airbnb sono appena 193, lo 0,8% del totale.
Airbnb sostiene di beneficiare aree alternative a quelle toccate dal turismo, ma i dati pubblicati da Inside Airbnb mostrano un aumento, negli ultimi sei mesi, delle proprietà destinate a turisti nel centro di Roma. Da ottobre 2016 a marzo 2017 c’è stato un incremento del numero di annunci con percentuali che variano dal +8,2% in I municipio al +0,8% nel XIII. I prezzi medi sono aumentati di poco e sono prevedibilmente più alti in centro, con una media, tra stanze e appartamenti, di 106 euro a notte nel I municipio. I guadagni mensili stimati variano dai 670 euro al mese nel I municipio agli 82 nel VI, con uno scarto notevole tra quanto arrotondano gli utenti nel I Municipio e gli altri, che non superano mai la soglia dei 500 euro al mese. Negli ultimi sei mesi il reddito generato con Airbnb a Roma è comunque diminuito di circa il 10%.
La distinzione tra alloggi abitati ma parzialmente o temporaneamente affittati dal proprietario e alloggi destinati a turisti per la maggior parte dell’anno è un punto cruciale nel dibattito su Airbnb. A Roma il tasso di disponibilità degli alloggi su Airbnb è molto alto: 21.623 alloggi su 24.666 sono disponibili per turisti l’87,7% dell’anno. Si tratta di un secondo, terzo, quarto reddito derivante dalla proprietà immobiliare, che a Roma gioca un ruolo importante.
Nel centro di Roma l’abitare è temporaneo? Secondo il Primo Rapporto Statistico sull’Area Metropolitana Romana le zone centrali di Roma registrano le percentuali più alte di abitazioni vuote o classificate come occupate da non residenti, comprese tra il 16% e il 26%. Trastevere, il cuore antico della città, “non risulta tra le zone con maggiore presenza percentuale di abitazioni vuote” per via di un “considerevole numero di abitazioni occupate da non residenti, a conferma di come questa particolare area di Roma sia amata da stranieri e turisti che la abitano in modo non stabile.”
Oggi Roma è la sua periferia, racconta Carlo Cellamare, docente di urbanistica de La Sapienza Università di Roma, secondo cui è in atto un cambiamento antropologico nei modi di abitare legato alla trasformazione della città. La parte più grande della città, ma anche la più vitale, è oggi quella fuori dal centro e dal perimetro delle Mura Aureliane, una zona che nel ventennio tra il 1951 e il 1971 si è svuotata di circa 100mila abitanti, tanti quanti quelli che ancora oggi vi risiedono. Tra il 2001 e il 2011 la popolazione residente nella Città Storica è diminuita ancora, da 546.929 a 538.197 unità. Il Grande Raccordo Anulare non è più un confine ma un “boulevard urbano” intorno al quale gravitano flussi di persone che non vanno più in centro. Oggi il GRA è l’asse di aggregazione dello sviluppo urbano: un quarto della popolazione di Roma, il 26,7%, vive fuori dal GRA, nella zona dei comuni di prima cintura, dove la popolazione cresce con un incremento annuo del 10%, e dove i complessi residenziali sorgono principalmente nel raggio di 5-10 km dai caselli autostradali.
Tra i principali fattori responsabili dell’esodo di cittadini dal centro verso la periferia è l’aumento dei valori immobiliari. A questo si sommano i disagi legati ai fenomeni di trasformazione del tessuto sociale e commerciale del centro della città, che spesso bastano a spingere anche chi vuole restare a cambiare casa e, se è di proprietà, magari ad affittarla a turisti. Gli affitti brevi sono del resto più remunerativi di quelli residenziali, ma falsano i valori immobiliari. A Los Angeles è stato calcolato che sono sufficienti 83 notti di affitto breve su Airbnb per guadagnare l’equivalente di un anno di affitto sul mercato delle locazioni residenziali.
Il rilancio delle politiche abitative per superare la ristrettezza del mercato della locazione a Roma riguarda non solo una situazione di emergenza abitativa in cui si trovano attualmente circa 15mila famiglie in graduatoria per una casa popolare, ma in generale una situazione di blocco della mobilità sociale e territoriale. A Roma il 20,7% delle famiglie residenti abita in affitto, il 69,7% abita in case di proprietà e un impressionante 9,6% occupa alloggi di altro tipo –roulotte, tende, caravan, camper. Una certa mobilità è garantita dagli sfratti: Roma si situa al 1° posto in termini di esposizione al rischio relativo di sfratto con uno sfratto ogni 272 famiglie residenti. Nel 2015 a Roma ci sono stati 7.274 provvedimenti di sfratto emessi e 3.030 sfratti eseguiti; la prima causa è la morosità. Eppure, come non manca di ricordare Massimo Pasquini dell’Unione Inquilini, Roma è senza un assessore alla casa da nove mesi.
Il turismo nella capitale intanto cresce, e in particolare quello di lusso. Nel 2016 si è registrato un incremento di arrivi e presenze di turisti a Roma Capitale rispettivamente del +2,3% e del +1,9%. La crescita è limitata alla fascia della ricettività medio-alta, e gli alberghi a 1 e 2 stelle hanno chiuso in negativo, sostituiti dal modello Airbnb. Secondo Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi, a Roma le strutture a 1 e 2 stelle sono destinate a scomparire. L’elenco di immobili in via di trasformazione in alberghi di lusso si allunga, includendo la vecchia stazione di Trastevere, l’ex Istituto Geologico in Largo S. Susanna, la sede BNL in Via Bissolati.
Se il centro di Roma è destinato al turismo, qual è il ritorno per la città? Roma è attraversata da 38 milioni di visitatori l’anno, e ha il contributo di soggiorno più alto del paese; la tassa, applicata alle presenze turistiche, può arrivare fino a 10 euro a notte, per un massimo di 10 notti consecutive. L’Assessorato al Turismo conferma che nel 2016 il contributo di soggiorno è ammontato a circa 100 milioni di euro. Ma dall’anno della sua istituzione Roma non ha visto un soldo in termini di investimenti sul territorio, perché la tassa di soggiorno non è una tassa di scopo, conferma l’Assessorato, e il gettito finisce nel piano di rientro del debito. Una piccola vittoria è stata ottenuta quest’anno con la destinazione di 2,8 milioni di euro, meno del 5%, per la promozione del turismo, principalmente per fiere.
Secondo Federalberghi l’evasione fiscale annuale della tassa di soggiorno ammonta a circa 35milioni di euro. L’ultimo censimento delle attività ricettive registra in tutto 11.387 strutture, escludendo quelle abusive, ma anche quelle religiose. Nel il 2016 il Portale Alloggiati della Questura di Roma ha ricevuto 13.349.003 comunicazioni di generalità di ospiti. Lo scarto di circa 500mila unità in eccesso rispetto al numero ufficiale degli arrivi potrebbe essere relativo, ipotizza Roscioli, agli ospiti registrati proprio dalle strutture religiose.
Dal punto di vista dei gestori di affitti brevi per turisti il principale scoglio tuttavia potrebbe non essere la fiscalità ma la burocrazia. L’affitto di alloggi privati nel Lazio ricadeva in una zona di vuoto normativo dopo che una sentenza del TAR Lazio del giugno 2016 aveva bloccato alcune modifiche del regolamento regionale che disciplina le strutture ricettive extralberghiere. Una nuova norma regionale prevede l’introduzione di un codice identificativo e la creazione di una banca dati degli alloggi, mentre la manovra economica ha istituito l’applicazione, dal 1 giugno 2017, della cedolare secca del 21% anche agli affitti brevi sotto i 30 giorni, versata direttamente ad Airbnb, che diventa così sostituto d’imposta. Una scelta in controtendenza rispetto a quella attuata da molte altre città che, da Barcellona a Londra a New York, stanno imponendo limiti stringenti ad Airbnb. Il Financial Times ha stimato che a Londra l’introduzione di un limite di 90 giorni per gli affitti brevi costerà ad Airbnb 400 milioni di dollari in ricavi persi.
Le città mutano, cambiano e si trasformano. Assicurare che questo avvenga nell’interesse collettivo è compito della politica. Il ruolo di “aiutare gli host italiani a far quadrare i conti e a rimanere nelle case che amano” non dovrebbe certo competere a una multinazionale americana del turismo mordi e fuggi. Il rischio che il centro storico si trasformi definitivamente in un congestionato parco-giochi per turisti è abbastanza palpabile. Se il turismo porti o meno benefici alla città dipende da una visione politica e dalla sua capacità di applicazione, magari proprio attraverso un coinvolgimento maggiore degli abitanti, con la valorizzazione dell’importante lavoro di cura e rigenerazione del territorio che a Roma portano avanti spesso in maniera autorganizzata. Perché abbandonate alle leggi del profitto, le città finiscono per somigliarsi tutte, consegnate all’”incomparabile dignità del vuoto”.



