La nuova ecologia, luglio 2023
Gli affitti brevi turistici hanno rivoluzionato il turismo e stravolto le città. Sono ormai più di dieci anni che il fenomeno della locazione di case a uso turistico si è diffuso in tutto il mondo – nel 2019 Airbnb, la principale piattaforma di intermediazione di affitti brevi, la capofila della ‘rivoluzione’, contava sei milioni di annunci. L’Italia era il suo quarto mercato mondiale anche grazie alla totale assenza di regolamentazione.
Uno degli aspetti più dibattuti degli affitti brevi turistici è il seguente: Airbnb ha soddisfatto una domanda di affitti brevi che esisteva già, o l’ha creata? Certamente i flussi turistici sono aumentati prima della nascita della piattaforma: il numero di viaggiatori è raddoppiato negli ultimi vent’anni, passando da 674 milioni nel 2000 a 1,3 miliardi nel 2017. Ma alcuni elementi sostengono la seconda ipotesi, che Airbnb abbia creato la domanda e non viceversa. Tanto per cominciare, Airbnb non è nata dal basso per iniziativa di tre giovani creativi che non riuscivano a pagare l’affitto: il lancio della piattaforma digitale è stato avviato durante il periodo di formazione nella scuola per start-up più importante della Silicon Valley, Y Combinator. Qui l’idea iniziale fu rivisitata e modellata per diventare vendibile. E per farla decollare, bisognava reclutare attivamente i primi utenti: i fondatori cominciarono da New York, bussando alle porte di potenziali host (proprietari di case) per convincerli ad ospitare sconosciuti attraverso Airbnb. Poi, grazie a una consistente iniezione di capitale di ventura la piccola start-up è diventata un impero. Airbnb ha aperto un nuovo mercato, creando l’offerta e innescando gli effetti di rete per crescere.
Certo, esistevano già forme di locazione turistica in abitazioni, ma Airbnb ha prodotto un salto di scala grazie all’abbassamento delle barriere di ingresso in un settore tradizionalmente riservato a operatori professionisti, quello dell’intermediazione di posti letto turistici. Questo ha consentito l’ingresso nel mercato di persone ordinarie: inquilini e proprietari di case in località turistiche che hanno visto l’opportunità di un guadagno facile. Quello che nel primo periodo di vita della piattaforma poteva ancora essere definita come ‘condivisone’ e ‘arrotondamento’ del reddito, è diventata ben presto un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti.
Da sempre, sono state le innovazioni nel settore dei trasporti e dell’accoglienza, oltre all’incremento dei redditi e all’espansione del tempo libero negli ultimi decenni, a innescare la crescita del turismo. L’aumento del turismo negli ultimi anni è stato la conseguenza soprattutto dei voli low-cost, oltre che della nascita di Airbnb. Dove le città ampliano gli aeroporti, dove arrivano le tratte Ryain, il turismo cresce esponenzialmente. Città come Bari, poco turistica fino a due anni fa, con l’arrivo di Ryanair conoscono un inedito boom di presenze: il turismo arriva dove qualcuno decide di farlo arrivare.
Per questo motivo secondo i destination managers, figure professionali che si occupano di pianificare il turismo nelle località, di incentivarlo o di limitarlo, la prima cosa da fare quando i flussi turistici superano la capacità di carico di una destinazione è ridurre il numero di posti letto disponibili per i turisti. È quello che ha fatto Barcellona regolamentando, e vietando nel centro storico, gli affitti brevi. Se consideriamo località ancora relativamente poco turistiche ci rendiamo conto del fatto che almeno in parte questo è dovuto all’assenza di una massiccia offerta ricettiva. È incrementando l’offerta di posti letto che aumentano i flussi. Questo significa che tutto il globo è potenzialmente ‘turistificabile’ a meno che i decisori locali non decidano intenzionalmente di limitare la capacità ricettiva.
Dopo la pandemia il turismo è tornato ai livelli del 2019 e i flussi sono di nuovo in aumento. Secondo l’Istat le vacanze brevi, con soggiorni da uno a tre notti, sono cresciute del 46,7% tra il 2021 e il 2022. E molte amministrazioni sono restie ad adottare misure che riducano i flussi turistici in aree congestionate. In Italia, parlano piuttosto della necessità di ‘spalmare’ il turismo fuori dalle aree più attrattive, di promuovere destinazioni alternative. Dopo la pandemia si è parlato molto di un aumento di interesse per il turismo rurale e naturistico, promosso attivamente anche da Airbnb. Ma le persone non di comportano come particelle di gas che si disperdono nello spazio verso le zone a minore concentrazione, e i turisti non smetteranno mai di voler visitare il Colosseo, le Cinque Terre o Venezia solo perché esistono nuove destinazioni.
L’apertura di nuove destinazioni in aree rurali e naturali creerà solo più turismo in più parti del globo. Prevedere le conseguenze del marketing delle destinazioni naturistiche, motivato anche dal bisogno di decongestionare città ormai sature, è importante per non ripetere lo stesso errore che ha portato allo stravolgimento dei centri storici delle città d’arte – lasciar proliferare Airbnb senza alcun controllo. Adesso, a oltre dieci anni dalla sua nascita, i sindaci chiedono una norma nazionale che consenta ai comuni di regolare gli affitti brevi. Ma non è detto che i danni inferti dal turismo nei centri urbani siano reversibili, e l’odierno aumento dei flussi pone seri dubbi sulla possibilità di forme di ‘turismo sostenibile’.