in Casa a Prima Vista, n. 28 Jacobin Italia, settembre 2025
Fino a pochi anni fa chiunque avesse parlato del rischio di gentrificazione a Bari sarebbe stato etichettato come pazzo. Certo, Bari vecchia era già cambiata molto a partire dalla metà degli anni Novanta, con l’avvio del programma europeo di riqualificazione urbana Urbact. Da zona inaccessibile, popolare e malfamata, Bari vecchia era diventata un decoroso centro storico. Ma di qui a parlare di gentrificazione, effettivamente ce ne voleva. Poi, però, è arrivata Airbnb.
Tra il 2017 e il 2024, Bari ha registrato l’incremento più elevato in Italia di Airbnb con una crescita degli annunci del 250% (da 1.307 annunci nel 2017 a 4.569 nel 2024), secondo lo studio Future Urban Legacy Lab del Politecnico di Torino. «Il rapporto fra case per affitti per turisti e popolazione è arrivato a livelli pari a quelli di Bologna, Roma e Napoli – una locazione turistica ogni 60 abitanti» ha scritto l’economista Giancarlo Viesti commentando i dati in un articolo sull’impatto del turismo a Bari. Un quarto di questo patrimonio è nelle mani di multi-host, cioè di host che gestiscono molte proprietà. «Gruppi imprenditoriali sui quali non si hanno informazioni stanno plasmando in silenzio gli assetti urbani. Il numero di abitazioni disponibili per l’affitto è drammaticamente diminuito e il loro costo è notevolmente cresciuto» ha commentato Viesti.
L’offerta di alloggi per turisti nei centri urbani è alla radice dell’esplosione della crisi abitativa nelle città italiane, dove le abitazioni in affitto ordinario erano già residuali rispetto alle case in proprietà. La crescita del turismo sta spiazzando gli abitanti e modificando il tessuto urbano (quello commerciale, sociale, culturale) man mano che la frequentazione dei quartieri cambia e le attività non turistiche chiudono. Il proliferare degli affitti brevi, insieme all’ampliamento di aeroporti e alla creazione di nuove rotte e tratte low-cost, che rendono facilmente accessibili luoghi come Bari e il territorio circostante, ha prodotto l’aumento del turismo urbano. In altre parole, le piattaforme digitali come Airbnb non si limitano a intermediare una domanda e un’offerta preesistenti di alloggi turistici, ma la creano.
In Italia l’espansione di affitti brevi non trova alcun ostacolo politico-legale, ma anzi è facilitata dall’assenza di una regolamentazione e da un’adesione trasversale della politica istituzionale all’ideologia del libero mercato. E il mercato, intanto, si è evoluto, con una nuova offerta di affitto di medio periodo, cioè di alcuni mesi o di un anno, dunque per periodi di tempo più lunghi di quelli turistici ma più corti di quelli previsti dai contratti di affitto ordinari.
«Stiamo assistendo a una ‘airbnbificazione’ dell’housing. Airbnb ha ispirato un modello, oggi in crescita con la nascita di nuove piattaforme destinate ad altre categorie di popolazioni mobili e temporanee, come i migranti ‘digitali’ e gli studenti internazionali» spiega il ricercatore Gianluca Bei, che sta lavorando a un progetto di ricerca sulle popolazioni temporanee e la sostenibilità urbana. Insieme al professor Filippo Celata e alla ricercatrice Barbara Brollo, Bei ha esaminato l’attività e i modelli di alcune di queste piattaforme digitali che intermediano una nuova offerta di abitare di medio periodo.
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