Oltre la retorica sul turismo

A un anno dall’inizio della pandemia che ha provocato il crollo del settore più colpito di tutti, quello del turismo, l’idea che l’Italia possa “vivere di turismo” continua a esercitare un certo fascino. “Il turismo è il petrolio d’Italia”, titolava a fine gennaio 2020 una delle principali testate nazionali, Il Sole 24 Ore. Un mese dopo, a inizio marzo, lo svuotamento dei centri storici delle città d’arte mostrava quanto il turismo, settore ogni volta definito come centrale nell’economia italiana, si regga su fondamenta assai fragili – suggerendo peraltro, in tempi di crisi ambientale, la necessità di rivedere il paragone con il combustibile fossile. Già si erano levate voci a dire che no, il turismo – un settore a basso valore aggiunto, a bassa produttività, a bassa innovazione, a bassi investimenti e a bassi salari – difficilmente può essere considerato come strategico per la crescita economica del Paese. Ma il mantra del turismo petrolio d’Italia, espressione di una logica che cerca nel rimedio semplice – e nell’uomo forte – la soluzione immediata a problemi complessi, è dura a morire. Il discorso sul turismo continua a essere pervaso di luoghi comuni e slogan dietro i quali restano ignorate profonde contraddizioni. Il problema è duplice: la propaganda del turismo da una parte rimanda il confronto con la realtà, ovvero con quanto i buchi nella gestione del turismo in Italia alimentino ricchezza per pochi, disuguaglianze per molti, oltre che una percentuale consistente di economia sommersa. D’altra parte, questa retorica di fatto promuove un’idea di economia coloniale, dipendente da una domanda esterna, e una strategia adattiva tutto sommato pigra e obsoleta, oltre che fragile e insostenibile: puntiamo tutto sul turismo, perché ci è rimasto solo questo. Da una tale strategia al ribasso, così come da una visione binaria e semplicistica del turismo come salvezza o condanna dell’Italia, si può uscire solo indagando le contraddizioni e la complessità del tema.

Gli Asini, 1 luglio 2021

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Sarah Gainsforth

Sarah Gainsforth è saggista e giornalista freelance, scrive di casa e abitare, di turismo e gentrificazione, di politiche abitative e di trasformazioni urbane. Collabora con Internazionale e Il Manifesto. Il suo ultimo libro è L’Italia Senza casa, Politiche abitative per non morire di rendita (Laterza, 2025). Vive e lavora tra Roma e Goriano Valli.