Oggi i valori immobiliari sono totalmente sganciati dai salari, con vantaggio di chi è diventato proprietario grazie alle favorevoli politiche di decenni fa. “Siamo”, spiega la ricercatrice, “in una situazione di paralisi, di immobilità sociale ed economica, opposta a quella in cui le persone trovavano un lavoro, poi affittavano casa, poi la compravano; oggi se non hai una casa non vai da nessuna parte, l’accesso alla casa determina anche la possibilità di lavorare, e per questo c’è carenza di lavoratori”. Ma le soluzioni proposte come quelle di un welfare aziendale paternalistico che fabbrica case per gli operai non funziona più. “Quello della casa è un problema che riflette un problema strutturale di tutta l’economia”, afferma la ricercatrice.
Tanto meno si risolve il problema, spiega Gainsforth, “con la famosa rigenerazione urbana come fatta oggi, che altro non è che la valorizzazione immobiliare privata attraverso fondi pubblici. Se il pubblico migliora lo spazio urbano con una piazza pedonale o una metropolitana, ma poi non fa politiche abitative per controllare l’effetto del miglioramento dello spazio urbano, il valore creato con investimenti pubblici finisce assorbito dalla rendita perché aumentano i prezzi delle case: non viene redistribuito ma è catturato solo dai proprietari di case. Questa, in sostanza, è la gentrificazione, ed è usata intenzionalmente come politica pubblica”.
Grazie Elisabetta Ambrosi per lo spazio e la bella intervista sul Il Fatto Quotidiano, insieme a Cristina Nadotti, a partire da L’Italia senza #casaEditori Laterza